Test e sperimentazioni sui cosmetici
Alcuni cosmetici presentano sulla loro confezione la dicitura “stop ai test sugli animali” oppure il logo LAV creato dalla Coalizione Europea contro la Vivisezione.
Queste aziende vengono chiamate “cruelty free” e decidono di ricorrere a società di auditing per ottenere questa certificazione. È pleonastico dire che l’obiettivo è quello di vantare in etichetta questa scelta etica, dato che la sperimentazione animale è vietata ormai da molto tempo. Si deve poi distinguere a che l’affermazione “stop ai test sugli animali” si riferisca: al prodotto finito o ai suoi ingredienti? Troppo spesso non è affatto chiaro.
Difatti, sulla base dei requisiti imposti dal Regolamento 655/2013, questa dicitura non è conforme ai criteri di correttezza e onestà perché non consente una scelta informata da parte del consumatore, lo può ingannare e viene utilizzata solo per fini pubblicitari.
Vediamo cosa dice la legge in materia di prodotti cosmetici:
- Dal 2004 è vietato testare i prodotti finiti sugli animali.
- Dal 2009 entra in vigore il divieto di sperimentazione animale per gli ingredienti presenti nei prodotti cosmetici.
- Da marzo 2009 è anche vietato commercializzare cosmetici contenenti ingredienti testati su animali al di fuori dell’UE. L’unica eccezione era rappresentata dai test per valutare la tossicità a dose ripetuta, comprese la sensibilizzazione cutanea e la cancerogenicità, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica. Per questi studi il termine ultimo era l’11 marzo 2013.
- Dal 2013 non si possono più eseguire esperimenti su animali concernenti tali tossicità. Quindi, a partire da questa data entra in vigore il divieto totale nell'UE di sperimentazione dei cosmetici sugli animali.
Ergo, non è più consentito alcun tipo di sperimentazione animale, né sul prodotto finito, né sugli ingredienti, e non si possono neanche utilizzare materie prime testate in paesi Extra UE (dove non vi è ancora il divieto di sperimentazione animale).
Per tornare al discorso di prima, le aziende sono libere di indicare sulla confezione che il prodotto non è stato testato sugli animali solo ad una condizione.
Quale? Ce lo dice il Ministero della Salute: "Solo i prodotti (indipendentemente dalla data di prima commercializzazione, quindi prodotti vecchi e prodotti nuovi) che utilizzano ingredienti MAI testati su animali per nessun motivo e che non sono stati testati su animali come prodotto finito possono riportare il claim “non testato su animali” o simbolo o frase equivalente.”
Questo per differenziarsi dai cosmetici che utilizzano i dati storici sulla sicurezza e sulla tossicità, sviluppati mediante sperimentazione animale, di prodotti messi sul mercato prima dell’entrata in vigore di tali divieti. Ecco spiegato il perché della non correttezza e non onestà della dicitura generica “non testato sugli animali”. Ma non solo. In tutte le leggi ci sono delle eccezioni.
Vediamo, nel caso specifico, quali. Il Regolamento (CE) n.1223/2009 riporta quanto segue: “…In circostanze eccezionali, qualora sorgano gravi preoccupazioni riguardo alla sicurezza di un ingrediente cosmetico esistente, uno Stato membro può chiedere alla Commissione di accordare una deroga…”. Questa deroga può essere accordata solo in due casi:1. l’ingrediente è ampiamente utilizzato e non può essere sostituito con un altro dall’analoga azione 2. il problema sulla salute umana è dimostrato e la necessità di effettuare esperimenti sugli animali è giustificata.
A questo punto sorge spontanea una domanda: ma senza i test sugli animali, l’industria cosmetica è ancora in grado di assicurare la sicurezza dei prodotti?
Direi proprio di sì. Lo può fare utilizzando informazioni sugli ingredienti già esistenti oppure adottando metodi alternativi alla sperimentazione animale. ECVAM è il centro europeo per la convalida di metodi alternativi che approva dei metodi scientifici definiti per l’appunto alternativi.